lunedì 26 gennaio 2009

50 anni nella chiesa di Roma


50 anni nella chiesa di Roma
Tratto da 50 Years in the Church of Rome

Pagina 184

“Vedete”, risposi; “Ho bevuto un bicchiere di brandy eccellente”. Ma per favore mi dica perché ha bevuto quel brandy. “Perché è un buon preservante contro l’atmosfera pestilenziale, risposi”. dovrò sentire le confessioni di tutte quelle persone morenti di colera e vaiolo e respi­rare l’aria putrida che è intorno ai loro cuscini. Il buon senso non mi avverte di cautelarmi contro il contagio?
E’ possibile, replicò lui, che un uomo per il quale io ho tanta stima sin­cera sia così ignorante dal non conoscere le opere mortali dell’ alcool nel corpo umano?
La cosa che lei ha appena bevuto non è altro che veleno; molto lontano dal proteggerla contro il pericolo, lei ora è molto più esposto ad esso che non lo fosse prima di bere quella bevanda.
“Voi poveri protestanti”, risposi in modo scherzoso, siete una banda di fanatici, con le vostre dottrine estremiste sull’astinenza alcolica; Lei non mi convertirà mai alle sue viste su quel soggetto. E’ per l’uso dei cani che Dio ha creato il vino e il brandy? No; è per l’uso d’uomini che li be­vono con moderazione ed intelligenza.
Mio caro Mr. Chiniquy, lei sta scherzando; Ma, io le dico seriamente che voi vi siete avvelenato con quel bicchiere di brandy.
“lo risposi”: Voi sareste da molto tempo l’unico medico in Quebec, perché voi siete l’unico del corpo medico che io conosca essere astemio. Ma sebbene io sia molto lieto della vostra conversazione, scusatemi se io vi lascio per visitare i miei cari marinai ammalati, il loro grido risuona nelle mie orecchie per un aiuto spirituale.
“Ancora una parola, “Disse il dottor Douglas e ho finito. Domani mattina noi faremo l’autopsia di un marinaio che è morto qui all’improvviso. Avete qualche obiezione per venire e vedere con i vostri occhi, nel corpo di quell’uomo ciò che il suo bicchiere di brandy ha fatto nel suo corpo”.
“No, signore; io non ho nessun’obiezione per vederlo, risposi. Sono stato per molto tempo ansioso di fare uno studio speciale d’ana­tomia. Sarà la mia prima lezione; io non posso averla da un migliore maestro”. Poi gli strinsi la mano ed andai dai miei pazienti, con i quali passai il resto del giorno e la gran parte della notte. Cinquanta di loro vollero fare una confessione generale di tutti i peccati della loro intera vita; e diedi gli ultimi sacramenti a venticinque che stavano mo­rendo di vaiolo o morbo del colera. La mattina seguente ero all’appuntamento, presso il cadavere dell’uomo morto. Il dottor Douglas mi diede gentilmente un microsco­pio molto potente, con il quale io fui in grado seguire nel modo più completo,

3pagina 185

le devastazioni dell’alcool in ogni parte del corpo umano. “Io non ho il minimo dubbio”, disse lui, che quest’uomo è stato ucciso immediatamente da un bicchiere di rum che lui bevve un’ora prima di morire. Quel rum ha causato la rottura dell’a­orta (la grande vena che porta il sangue al cuore).Mentre parlavamo, il coltello stava facendo la sua opera così rapida­mente che l’orribile spettacolo dell’arteria rotta era davanti ai nostri occhi, prima che l’ultima parola fosse uscita dalle sue labbra. “Guardi qui”, disse il dottore, e lungo tutta l’arteria lei vedrà migliaia, forse milioni, di macchie rossastre che sono come molti buchi perforati attraverso essa, dall’alcool. Pro­prio come i ratti muschiati del fiume Mississipi, quasi ogni primavera, fanno piccoli buchi attraverso le dighe che tengo­no quel fiume potente all’interno dei suoi limiti naturali e cau­sano che l’acqua penetrando attraverso quei piccoli buchi porti morte e desolazione lungo le sue rive, così l’alcool pro­voca ogni giorno la morte improvvisa di migliaia di vittime, perforando le loro vene ed aprendo piccoli varchi attraverso i quali il sangue esce fuori dai suoi limiti naturali. Non è solo questa grande vena che l’alcool perfora; fa lo stesso lavoro mortale nelle vene dei polmoni e del corpo intero. Guardi i polmoni con attenzione, e conti, se lei può, le migliaia e mi­gliaia di macchie rossastre, scure e gialle e le piccole ulcere con le quali sono coperti. Ognuno di loro è il lavoro dell’alco­ol che ha lacerato e ha tagliato le vene e ha causato la fuori uscita del sangue dai suoi canali, portando corruzione e mor­te in tutti questi organi meravigliosi. L’alcool è uno dei veleni più pericolosi; io oso dire il più pericoloso. Ha ucciso più uo­mini che tutti gli altri veleni assieme.
L’ alcool non può essere cambiato o assimilato da nessun tessuto o parte del nostro corpo, non può andare da nessu­na parte del corpo umano senza portargli malattia o morte.
Per lui è impossibile unirsi a qualsiasi parte del nostro corpo. L’acqua che noi beviamo, e il cibo e il pane salubre, che noi mangiamo, sono trasformati in differenti parti del corpo, alle quali loro sono spediti attraverso milioni di piccoli canali che li portano dallo stomaco ed in ogni parte del nostro corpo. Quando l’acqua è stata bevuta, o il pane che noi abbiamo mangiato, è, per esempio mandato ai polmoni, al cervello, i nervi, i muscoli, le ossa, ovunque va è accettato, se pos­so parlare così, “la cittadinanza” ti permette di rimanere là, in pace e di lavorare per il bene pubblico. Ma non è così per l’alcool. Lo stesso momento che entra nello stomaco porta più o meno disturbo, rovina e morte, secondo la quantità pre­sa. Lo stomaco rifiuta di prenderlo e fa uno sforzo supremo per buttarlo violentemente, attraverso la bocca, spingendolo indignato al cervello o nei tubi innumerevoli dai quali li scari­ca alla superficie attraverso tutti i tessuti.

Pagina 186

Ma sarà l’alcool benvenuto in alcuni di questi canali o in qualche parte o tessuto del corpo che visiterà al suo passag­gio verso la superficie? No! Guardi qui con il suo microsco­pio e vedrà con i suoi propri occhi che ovunque l’alcool è andato nel corpo, c’è stata una lotta corpo a corpo ed una battaglia insanguinata per liberarsi di lui. Si! Ogni luogo dove Re Alcool ha messo il piede è stato trasformato in un campo di battaglia, spargendo rovina e morte, allo scopo di scacciar­lo ignominiosamente. Tramite un opera straordinaria della natura, o piuttosto dall’ ordine di Dio, ogni vena e arteria at­traverso la quale l’alcool deve passare, immediatamente si contrae, per prevenire il suo passaggio o strangolarlo come un nemico mortale. Ogni vena e arteria hanno evidentemente udito la voce di Dio: “Il vino è un beffatore; esso morde come un serpente e punge come una vipera”. Ogni nervo e mu­scolo che l’alcool tocca trema e si scuote come fosse nella presenza di un nemico implacabile e indomabile. Si, alla pre­senza dell’alcool ogni nervo e muscolo perdono la propria forza, proprio come l’uomo coraggioso, nella presenza di un orribi­le mostro o demone, improvvisamente perde la sua forza na­turale e trema dalla testa ai piedi.
Io non posso ripetere tutto ciò che udii quel giorno dalle labbra del dottor Douglas, e quello che io vidi con i miei propri occhi delle orribili opere dell’alcool attraverso ogni parte di quel corpo. Sarebbe troppo lungo. Basti dire che io fui colpito con orrore della mia propria follia e della follia di così molte persone che fanno uso di bevande inebrianti. Ciò che impa­rai quel giorno fu come l’apertura di una porta misteriosa che mi permise di vedere le meraviglie non dette di un nuovo e più magnifico mondo.
Sebbene ero terrorizzato da quelle devastazioni dell’alcool in quell’uomo morto, non ero ancora convinto della necessità di essere un totale astemio da vino e birra, e da un goccio di brandy ogni tanto, come abitudine sociale. Non mi piaceva espormi in ridicolo dal sacrificio d’abitudini che sembravano allora, più che ora, essere il più piacevole e abituale legame tra le società. Ma io determinai di non perdere nessuna op­portunità di continuare lo studio dell’opera dell’alcool nel corpo umano. Allo stesso tempo decisi in me stesso di gio­varmi di ogni opportunità per continuare lo studio completo di anatomia dal gentile e istruito dottor Douglas. Fu dalle labbra e opere del dottor Douglas che io imparai le seguenti sor­prendenti realtà:
Il cuore umano, che è solamente lungo sei pollici e largo quattro, batte settanta volte al minuto,4,200 in un’ora, 10­0.300 in un giorno, 36,792,000 in un anno. Espelle 2 once e mezzo di sangue ogni battito, che fa 175 once ogni minuto, 656 libbre ogni ora sette tonnellate e tre quarti di sangue che va fuori dal cuore ogni giorno! Tutto il sangue di un uomo attraversa il suo cuore in tre minuti. ( 1 oncia =28,35 g. )



Pagina 187


La pelle è composta di tre parti poste una sopra l’altra, la cui grossezza varia da un quarto ad un ottavo di una linea (antica misura di lunghezza = 2,12 mm). Ogni pollice quadrato contiene 3.500 pori, attraverso i quali esce il sudore. Ognuno di loro è un tubo lungo un quarto di pollice. Tutti quei piccoli tubi uniti insieme formerebbero un canale lungo 201.166 piedi -uguale a 40 miglia, ( 64,372Km) Il peso del sangue in un uomo normale è tra 13 e 18 kg. Quel sangue attraversa il corpo in un minuto e 41 secondi, 6251,3 litri di sangue passano attraverso i polmoni in 24 ore. Nel corpo umano ci sono 246 ossa, delle quali 63 sono nella testa, 24 nei fianchi, 16 nei polsi, 14 nelle articolazioni e 108 nelle mani e piedi!
Il cuore di un uomo che beve solamente acqua pura batte circa 100.300 volte al giorno, ma batterà da 25.000 a 30.000 volte in più se lui beve bevande alcoliche. Quelli che non hanno studiato anatomia sanno poco dell’infinita potenza, saggezza, amore e misericordia di Dio. Nessun libro eccetto la Bibbia, nessuna scienza eccetto la scienza dell’astrono­mia è come il corpo umano per dirci quello che è il nostro Dio, e quello che noi siamo. Il corpo dell’uomo è un libro scritto dalla mano di Dio, per parlarci di Lui come nessun uomo può parlare. Dopo aver studiato il meraviglioso lavoro del cuore, polmoni, occhi e cervello dell’uomo, io non potevo parlare; lo rimasi muto, incapace di dire una sola parola per l’ ammirazione e il timore riverenziale. Io piansi come sommer­so dai miei sentimenti. Mi piacerebbe parlare di queste cose ai preti con i quali vissi, ma per primo vidi che loro non mi potevano comprendere; pensavano che io stavo esageran­do. Quante volte, quando da solo con Dio, nel mio piccolo stanzino, mentre pensavo a quelle meraviglie, io caddi sulle mie ginocchia e dissi: “Tu sei grande o mio DIO! Le opere delle Tue mani sono al di sopra delle opere dell’ uomo! Ma le opere del Tuo amore e misericordia sono al di sopra di tutte le Tue altre opere! “Durante i quattro anni che ero cappella­no all’ospedale della Marina, più di cento cadaveri furono aperti di fronte a me, e pressoché altrettanti al di fuori dell’ospeda­le. Raramente, quando per ordine della giuria e del medico legale veniva eseguita un’autopsia io non ero presente. In quel modo ho avuto un’opportunità provvidenziale di acquisire la conoscenza di una delle più utili e ammirabili scienze come nessun prete o ministro pro­babilmente abbia mai avuto su questo continente. E’ mia convinzione che la prima cosa che un oratore di moderazio­ne dovrebbe fare è studiare anatomia; prenda i corpi di u­briaconi e come anche quelli dei così chiamati bevitori mode­rati, aperti davanti a lui, e lì studi l’opera dell’alcool nei di­versi organi dell’uomo. Così fino a che gli oratori sulla mode­razione non lo faranno, essi non potranno comprendere il soggetto sul quale parlano. Sebbene io ho letto i migliori libri scritti dalla maggior


Pagina 188


parte di dotti medici d’Inghilterra, Francia e Stati Uniti, sulle devastazioni di rum, vini e birra d’ogni specie nel corpo degli uomini, io non ho mai letto niente che mi abbia aperto gli oc­chi così tanto portandomi ad una tale profonda persuasione alla mia comprensione, come lo studio che ho fatto del cer­vello, polmoni,cuore, vene, arterie, nervi e muscoli di un sin­golo uomo o donna. Questi corpi, aperti di fronte a me, erano libri scritti dalla mano di DIO stesso, e loro mi parlavano co­me nessun uomo potrebbe parlare. Per la misericordia di DIO, a quello studio è dovuta la forza irresistibile dei miei umili sforzi nel persuadere i miei compaesani a rinunciare all’uso di bevande inebrianti.
Tra i miei penitenti c’era una giovane signora appartenente ad una delle famiglie più rispettabili del Quebec. Lei aveva una bambina di circa un anno che era un vera bellezza. Nul­la in questo Iato di cielo potrebbe superare il fascino di quell’angelo terreno. Chiaramente quella giovane madre l’adora­va; lei non avrebbe proprio acconsentito neppure di andare in chiesa senza il suo dolce angelo. Lei la portava dappertut­to, la baciava ad ogni momento e la stringeva al suo cuore, sfortunatamente quella signora, com’era allora e fino ad ora in molti casi, anche fra il più raffinato, aveva imparato nella casa di suo padre, e dall’esempio della propria madre, a bere vino a tavola e quando ricevevano visite degli amici o quando lei li visitava. Poco a poco lei cominciò a bere, anche da sola, alcune gocce di vino, all’inizio per il consiglio del suo medico, ma presto solamente per soddisfare l’appetito ar­dente che crebbe di giorno in giorno più forte. Io ero l’unico, eccetto suo marito, che conosceva questo fatto. Egli era mio intimo amico, e molte volte, con lacrime che colavano giù dalle sue guance, mi aveva chiesto, nel nome di Dio, di persuaderla di astenersi dal bere. Quel giovane era così felice con la sua compita moglie e con la sua incompara­bile bella bimba! Lui era ricco, aveva un’alta posizione nel mondo, amici innumerevoli e per casa un palazzo! Ogni volta che io parlavo a quella giovane signora, quando era sola o in presenza di suo marito, ella versava lacrime di rammarico; lei prometteva di emendarsi, e prendere solamente i pochi bicchieri prescritti dal suo dottore. Ma, ahimé, quella prescri­zione fatale del dottore era come il petrolio versato sui carbo­ni che bruciano; era come accendere un fuoco che nulla po­teva estinguere. Un giorno che non dimenticherò mai, un messaggero entrò in fretta dicendo: “Il signor A. ... vuole che lei venga immediatamente a casa sua. E’ appena accaduta una disgrazia terribile; la sua bella bambina è appena stata uccisa. Sua moglie è mezza matta; egli teme che anche lei stessa si uccida. Saltai nella carrozza elegante trainata da due meravigliosi cavalli,


Pagina 189

e in alcuni minuti ero nella presenza dello spettacolo più do­loroso che io avessi mai visto. La giovane signora, lacerando le sue vesti a pezzi, strappandosi i capelli con le sue mani e tagliandosi la faccia con le unghie delle sue dita, stava pian­gendo, ”oh! Per l’amor di Dio, mi dà un coltello che possa tagliarmi la gola? Ho ucciso la mia bambina! Il mio tesoro è morto! Io sono l’assassina della mia cara Lucy! Le mie ma­ni sono arrossate con il suo sangue. Oh! Possa io morire con lei”
All’inizio rimasi attonito, muto e immobile. Il giovane marito, con altri due signori, il dottor Blanchet e il medico legale Panet stava tentando di tenere le mani della sua sfortunata moglie. Lui non osò parlare. Finalmente la giovane moglie, gettando i suoi occhi su di me, disse: ” Oh, caro cappellano Chiniquy, per l’amor di Dio datemi un coltello che io possa tagliare la mia gola! Da ubriaca, io presi la mia cara preziosa nelle mie braccia per baciarla; ma precipitai, la sua testa colpì l’angolo tagliente della stufa. Il suo cervello e sangue sono sparsi là sul pavimento! La mia bambina! La mia bam­bina è morta! Io l’ho uccisa! Maledetto liquore! Vino maledet­to! La mia bambina è morta! Io sono dannata! Maledetto be­re”!
lo non potevo parlare, ma potevo piangere tutte le mie lacrime! Piansi, e mescolai le mie lacrime con quelle di quella sfortunata madre. Poi, con un’espressione di dispera­zione che forò la mia anima come una spada, disse: “Vada e veda”. Andai nella stanza accanto e lì vidi quella che era una bella bambina, morta, la sua faccia era coperta dal suo sangue e cervello! C’era una grande apertura fatta nella tempia destra. La madre ubriaca, precipitando con la sua bambina nelle braccia, causò che, la testa, colpendo con tale terribile forza la stufa, la rovesciò sul pavimento.
I carboni accesi erano sparsi da ogni parte, la casa stava quasi per bruciare. Ma quello stesso colpo, con la terribile morte della bambina, le aveva fatto riprendere i sensi improv­visamente e pose fine alla sua ebbrezza. Ad un rapido sguardo lei vide la dimensione della sua disgrazia. Il suo pri­mo pensiero fu di correre alla credenza, afferrare un grande e tagliente coltello, per tagliarsi la gola. Provvidenzial­mente, suo marito era sul posto. Con gran difficoltà, dopo una terribile lotta, gli tolse il coltello dalle sue mani e lo get­tò nella strada dalla finestra. Erano circa le cinque del pome­riggio. Dopo un’ora passata in indescrivibile agonia di mente e cuore, io tentai di andare via e ritornare alla canonica. Ma il mio giovane e sfortunato amico mi chiese di passare la notte con lui. “Lei è il solo”, disse, che può aiutarci in questa notte così terribile. La mia sfortuna è abbastanza grande, senza distruggere il nostro buon nome diffondendolo in pubblico. Io voglio tenerlo segreto il più possibile. Con il nostro medico e il medico legale, voi siete gli unici in cui posso confidare per avere aiuto. Per favore passi la notte con noi.

Pagina 190

Io rimasi, ma invano tentai di calmare la sfortunata madre. Lei stava spezzando i nostri cuori con le sue continue lamen­tazioni e i suoi sforzi convulsi per togliersi la vita. Ogni minu­to gridava: “La mia bimba! La mia cara Lucia! Proprio ora che le tue piccole braccia mi accarezzavano così delicatamente, e i tuoi baci angelici erano così dolci sulle mie labbra, io ti ho macellato! Quando tu mi stringevi sul tuo cuore amoroso baciandomi, io, la tua mamma ubriaca, ti diedi il colpo morta­le! Le mie mani sono arrossate con il tuo sangue! Il mio se­no è coperto con il tuo cervello! Oh!
Per l’amore di Dio, mio caro marito, toglimi la vita. Io non posso vivere un giorno più a lungo! Caro cappellano Chiniquy, mi dia un coltello che io possa mescolare il mio sangue col sangue della mia bambina! Oh che io possa essere seppellita nella stessa tomba con lei! “Invano cercai di parlarle della misericordia di Dio verso i peccatori; lei non avrebbe ascol­tato niente di quello che avrei detto; era assolutamente sorda alla mia voce. Verso le dieci lei ebbe il più forte e terribile attacco d’angoscia e terrore. Sebbene noi eravamo in quat­tro uomini per tenerla ferma, ella era più forte di tutti noi. Era forte come un gigante. Scivolò dalle nostre mani e corse nel­la stanza dove la cara bambina giaceva nella sua culla. Af­ferrò il corpo freddo nelle sue mani, strappò le bende di lino bianco che erano state messe attorno al capo per coprire l’orribile ferita e con grida di desolazione premeva le sue lab­bra, le sue guance, i suoi propri occhi sull’orribile squarcio dal quale il cervello e il sangue fluivano, come se volesse guarirla e richiamare la povera cara in vita.
“La mia cara, adorata, mia cara Lucia” lei gridò, “apri i tuoi occhi, guarda di nuovo a tua madre! Dammi un bacio! Stringimi di nuovo al tuo cuore! Ma i tuoi occhi sono chiusi! Le tue labbra sono fredde! Tu non puoi sorridermi più! Tu sei morta, e io, la tua mamma, ti ho macellata! Puoi perdo­narmi la tua morte? Puoi tu chiedere a Gesù Cristo, nostro Salvatore, di perdonarmi? Puoi tu chiedere alla Vergine Ma­ria di pregare per me? Non ti rivedrò mai più ? Ah, no! So­no persa, sono dannata! Sono una madre ubriacona che ha ucciso la sua cara Lucia! Non c’ è misericordia per una madre ubriacona, l’assassina della sua stessa figlia”.
E così parlando alla sua bambina ogni tanto s’inginocchiava, poi correva intorno alla stanza come fuggendo davanti a un fantasma. E poi ancora lei stringeva il corpo immobile al suo petto passando convulsamente le sue labbra e il suo viso sopra l’orribile ferita così che le sue labbra, la faccia e il pet­to e le mani erano letteralmente imbrattate dal sangue che fluiva dalla ferita. Non dirò che noi tutti piangevamo perché la parola piangere non esprime la desolazione, l’orrore che provavamo. Circa alle ore undici, stringendo la sua bambina al petto, in ginocchio, alzò gli occhi verso di me e disse;


Pagina 191


“Caro cappellano Chiniquy, perchè non ho seguito il vostro caritatevole avvertimento, quando, ancora più con le vostre lacrime che con le parole, voi cercaste così spesso di persuadermi a smettere di bere quei maledetti vini inebrianti? Quante volte mi avete dato le vere parole che vengono dal cielo: “Il vino è schernitore, morde come un serpente, punge come una vipera”! Quante volte, nel nome della mia cara bambina, nel nome del mio caro marito, nel nome di Dio, voi mi avete chiesto di smettere di bere quelle maledette bevan­de! Ma ascolti ora la mia preghiera. Vada per tutto il Cana­da; dica a tutti i padri di non mettere mai nessuna bevanda inebriante davanti agli occhi dei loro bambini. Fu alla tavola di mio padre che io imparai a bere la prima volta quel vino che maledirò per tutta l’eternità! Dica a tutte le madri di non assaggiare mai quelle abomi­nevoli bevande. Fu mia madre la prima che m’insegnò a bere quel vino che maledirò finché Dio è! “ Prenda il sangue della mia bambina, e con esso vada ad arrossare la cima delle porte di ogni casa in Canada e dica a tutti quelli che abitano in quelle case che quel sangue fu sparso dalla mano di una madre assassina mentre era ubriaca. Con quel san­gue scriva sui muri d’ogni casa in Canada che il vino è un beffatore”.
“Dica ai Canadesi Francesi come, sul corpo morto della mia bambina, io ho maledetto quel vino che mi ha fatta così disgraziatamente misera e colpevole”.
Lei si fermò poi alcuni minuti per respirare e aggiunse: “Nel nome di Dio, mi dica, può la mia bambina perdonarmi la sua morte? Può ella chiedere a Dio di guardare a me con miseri­cordia? Può ella far sì che la benedetta Vergine Maria pre­ghi per me ed ottenere il mio perdono? Prima che potessi rispondere, ella ci sconvolse con le grida, “Sono persa! Men­tre ero ubriaca io uccisi la mia bambina! Vino maledetto”!
E lei cadde cadavere sul pavimento. Torrenti di sangue sta­vano fluendo dalla sua bocca sulla sua bambina morta che lei stava stringendo anche dopo la sua morte! Quel terribile dramma non fu mai rivelato alle persone del Quebec. Il ver­detto del medico legale fu che la morte della bambina era dovuta a causa accidentale e che l’angustiata madre morì sei ore dopo con il cuore rotto. Due giorni dopo la sfortunata madre fu seppellita, con il corpo della sua bambina stretto nelle sue braccia.

Rev. Chiniquy








Come il padre Chiniquy se mai avete letto i suoi libri. Bene. Lui li avrebbe consegnati a tutti i protestanti, anche lui divenne Protestante… Questo grande sacerdote anni fa, padre Chiniquy. Voi dovreste prendere il suo libro e leggerlo. Lo chiamano padre; egli era il fratello Chiniquy questo era. Noi non chiamiamo nessun uomo padre;





Like Father Chiniquy if you have ever read his books. All right. He was going to deliver all the Protestants, you know, and he became one himself, so... This great priest years ago, Father Chiniquy. You ought to get his book and read it. They call him Father; it was Brother Chiniquy is what he was. We don't call no man Father, like that.So we find that--that we--he was going to read the Bible, so he could get out there and disprove the Protestant religion, and...?... I think he probably went to reading the Bible, the Holy Spirit come him, and he got the Holy Ghost...?... and he became one of them.

PauI a prisoner of Jesus Christ
63-0717
By Rev. William Marrion Branham

Nessun commento: